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Perchè l’Agricoltura Urbana ha un futuro

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Perché l’agricoltura urbana ha un futuro

E perché è bello fare un orto mentre ci nutriamo consapevolmente

 

Fino a quando gli speculatori finanziari non hanno assunto la responsabilità del crollo dei titoli, il 2008 è noto come “L’anno della crisi alimentare globale”. Stranamente, la crisi è arrivata in un’epoca di raccolti record mondiali di cereali. Eppure le scorte sono scese e i prezzi sono saliti fino al punto di rottura.

Le popolazioni hanno protestato nelle strade di oltre 20 paesi. Nelle Filippine i soldati dovevano sorvegliare le riserve di riso. In Egitto l’esercito è stato mobilitato per proteggere i panifici che sfornavano il pane.

Tra i colpevoli c’erano le multinazionali che dominano l’agricoltura industriale. I giganti dell’industria alimentare hanno visto i loro profitti salire dell’86% durante il periodo peggiore della crisi, mentre la Monsanto che vende semi truccati e velenosi pesticidi ha raddoppiato i suoi guadagni, secondo il Wall Street Journal.

Inoltre, erano parte del problema:

1) gli speculatori di materie prime, infatti le opzioni di acquisto dei beni alimentari rappresentati è stato esercitato soltanto per una minima parte dei futures in circolazione. Questo indica che nelle borse agricole prevale la speculazione e non l’acquisto da parte di imprese di commercializzazione o trasformazione delle derrate alimentari, le quali inventarono i futures per tutelare le fasi lavorative delle derrate alimentari dalle impennate dei prezzi e non come forma di speculazione finanziaria;

2) gli agricoltori che coltivavano biocombustibili piuttosto che colture per l’alimentazione

3) l’aumento delle classi medie in Cina e in India che mangiano carne.

4) Un’altra probabile causa che non è stata sempre menzionata, ma potrebbe essere la più inquietante è stata il picco del petrolio.

I combustibili fossili sono usati per fertilizzanti e pesticidi che sono alla base dell’agricoltura industriale. Sono anche bruciati per trasportare tutte quelle insalate per migliaia di chilometri. Il nostro sistema alimentare mondiale è stato costruito con petrolio a buon mercato, quindi se quell’epoca sta per finire, ne consegue che sta per finire il modo in cui abbiamo mangiato e vissuto negli ultimi decenni.

 

Ma forse potrebbe andare anche peggio. E prima di quanto si pensi. La madre di tutte le trasformazione del sistema alimentare può essere il cambiamento climatico globale. Anche nel breve periodo, tempeste improvvise e siccità più lunghe significheranno un’agricoltura più difficile e meno raccolti.

Quindi con una crisi che ne alimenta un’altra, quale sarà la causa della catastrofe? Riduzione delle scorte alimentari dovuti alla speculazione finanziaria? Costi energetici in ascesa? Stranezza del clima globale? Cambiamento dello stile alimentare di miliardi di persone?

Potremmo scegliere di focalizzare i nostri sforzi su uno di questi punti. Oppure possiamo fare qualcosa per tutte e quattro le cause, sviluppando un modello, una via d’uscita al problema.

 

Le città possono salvare l’agricoltura?

Si chiama agricoltura urbana, ed è un tipo di agricoltura relativamente nuova, almeno su scala storica e per adesso in fase di sperimentazione. Ma potrebbe essere proprio ciò di cui l’umanità ha bisogno, sempre che nel breve periodo riuscirà a sopravvivere.

Troppo pessimismo? Scopriamolo.

Iniziamo con una semplice domanda: Le città possono salvare l’agricoltura? Ovviamente questo quesito normalmente viene formulato al contrario.

Gli agricoltori intorno alle città hanno nutrito i residenti urbani da quando “Agri” ha incontrato “cultura” circa 10.000 anni fa. Ha funzionato, e non ha funzionato. Le città hanno prosperato, ma non in maniera indefinita. Nessuna società organizzata è mai stata in grado di sopravvivere a risorse limitate.

I limiti, ci rendiamo conto ora, con più della metà della popolazione che vive nelle città e un milione di persone che si aggiungono ogni settimana, sono planetarie. Visto attraverso questa angolazione, vediamo un sistema che è teso forse fino al punto di implodere.

Gli effetti peggiori sono evidenti già in posti come il Botswana, Haiti e la fascia sub-Sahariana. Ma non solo lì. Anche in Italia il numero di chi non riesce a nutrirsi adeguatamente e soffre la fame è aumentato vertiginosamente negli anni di crisi: si stima che sono quasi quattro milioni coloro che dovranno ricorrere a forme di sostegno alimentare. E il dato che più impressiona è come tra di essi ci siano schiere di persone “che mai avrebbero pensato di poter un giorno fare la fila insieme ai senza tetto per ricevere un pasto caldo”.   Sono infatti sempre di più i membri della classe media che a causa del perdurare della crisi stanno scivolando verso livelli di povertà che impediscono perfino di rispondere alle esigenze basilari come, appunto, quelle alimentari.Se il vecchio modello urbano basato sullo sfruttamento delle risorse circostanti non funzionerà, la questione cruciale del nostro tempo sarà se possiamo progettare città vivibili senza rovinare la terra durante questo processo.

O come si dice all’interno del movimento dell’Agroecologia: dobbiamo capire come fornire cibo “abbastanza per tutti e per sempre, senza depauperare la fertilità della Terra”.  Ecologia, energia, posti di lavoro, alloggi – questi e molti altri fattori determineranno il modo in cui possiamo costruire un mondo più sensato, ma le città del futuro saranno ampiamente modellate dal loro cibo, qualcosa che non siamo abituati a considerare nell’immaginario collettivo.

Sicurezza alimentare, sistemi alimentari comunitari, sovranità alimentare, politica alimentare. Se questi termini non sono ancora familiari ai più, penso che ne sentiremo discutere adesso per molto tempo. Altri emergeranno mentre il movimento cresce.La città modello del 21 ° secolo potrebbe rivelarsi un luogo più vivibile, verde e salutare, in armonia con il proprio “mercatino biologico alimentare” o con organizzazioni di cittadini organizzati in modelli alimentari diretti, comunitari.

 

Il progetto Ortobioattivo, sviluppato a Firenze, potrebbe essere un esempio di primo piano

Sappiamo che una popolazione di miliardi di persone avrà ancora bisogno di grandi fattorie rurali. Ma ci stiamo dirigendo verso un’era in cui molte più persone dovranno riconnettersi in modo significativo con il loro cibo in tutte le sue fasi: coltivazione, distribuzione, preparazione, alimentazione, riciclo. Iniziando con la coltivazione.L’agricoltura urbana si sta diffondendo in tutte le città del mondo. Raramente menzionata una generazione fa, è la parola d’ordine dei nostri giovani. Le Università e i Centri di Ricerca osservano il fenomeno e in alcuni casi illuminati lo promuovono.

E’ una realtà che interessa circa 800 milioni di agricoltori nel mondo, dando loro la possibilità di modellare il proprio ambiente urbano, recuperare valore a scapito dell’intermediazione passiva, dando la possibilità ai cittadini di mangiare prodotti freschi e pieni di sostanze nutritive, ridurre le emissioni di carbonio, sequestrare CO2 con l’agricoltura Organico-Rigenerativa, abbellire le aree abbandonate, impegnare i giovani come contadini urbani e incrociamo le dita, forse anche salvare il pianeta.

L’agricoltura urbana moderna è ancora in fase di consolidamento. In alcuni posti è alla moda, in altri un modo per sopravvivere. Proprio come si svilupperà e che cosa significhi il termine Agroecologia tra qualche decina di anni, deve ancora essere determinato, forse con il nostro aiuto.                                                                          I coltivatori Europei possono essere di esempio, offrendo un modello illuminato di vita cittadina centrato sul cibo, sano, per tutti. Perché noi? Le nostre città storiche, legate da linee di proprietà medievali e da pensiero secolare di cultura alimentare profonda, possono fare sicuramente da traino a questo movimento.

Pensate che è presente un Ortobioattivo (come caso di studio e di divulgazione dell’Agroecologia) all’interno del “Giardino dei Semplici”, facente parte del Museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze , terzo Orto botanico al mondo per antichità. La sua origine risale infatti al 1 Dicembre 1545, quando Cosimo I dei Medici acquisì il terreno su cui doveva sorgere l’Orto!

 

Ci piace pensare a noi stessi come cittadini innovatori del vivere urbano e disposti a provare nuove idee che porteranno a un ambiente e ad un cibo più sano.                                                                                     Abbiamo creato buone condizioni di coltivazione: terreno fertile, sostanza organica disponibile e lombrichi superattivi per sostenere raccolti più abbondanti di ortaggi freschi e più nutrienti rispetto all’agricoltura industriale.                                                                                                                                              Dobbiamo adesso sostenere i nostri coltivatori laddove conta, alla cassa: secondo i sondaggi otto persone su 10 sono disposte a pagare un sovrapprezzo per un cibo fresco e più nutriente, locale, etico e coltivato senza sostanze chimiche e pesticidi.                                                                                                                            Infine, siamo entusiasti di coltivarcelo da soli, a giudicare dalle vendite in crescita di semi e piantine di ortaggi e lunghe liste d’attesa per orti comunitari.

Coltivare le Città

I motivi per cui così tante persone adesso sono desiderose di coltivare il proprio orto variano, ma almeno parte dell’interesse deriva dall’angoscia urbana provocata da tante previsioni di un triste futuro ambientale.

Quindi, poniamo la risposta alla nostra semplice domanda iniziale in termini semplici: le città devono salvare l’agricoltura perché nient’altro è possibile, e viceversa.

La possibilità di fare qualcosa, e con le proprie mani coltivare un terreno, offre a chiunque la possibilità di essere attore della soluzione. Potremmo crogiolarci per la fine del mondo così come lo conosciamo, oppure potremmo assumere un ruolo attivo come cittadini impegnati mentre assaporiamo un pomodoro appena scaldato dal sole nel nostro orto.

 

E tu da che parte stai?

 

Ortobioattivo – Firenze 2017

 
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